Esempi di reazioni |
---|
I principi ed i termini introdotti nei capitoli precedenti possono ora essere riassunte ed illustrate dai seguenti tre esempi. Le reazioni come queste sono chiamate reazioni ioniche o polari, poiché esse spesso coinvolgono specie cariche ed il legame che si forma tra elettrofili e nucleofili. Le reazioni ioniche normalmente prendono luogo in soluzioni liquide, dove le molecole di solvente servono alla formazione di intermedi elettricamente carichi.
La reazione di sostituzione mostrata a sinistra può essere considerata come ottenuta in tre fasi. La prima è un equilibrio acido-base, in cui HCl protona l'atomo di ossigeno dell'alcool. Il risultate acido coniugato perde allora acqua, in una seconda fase, per dare un carbocatione intermedio. Infine, questo elettrofilo si combina con l'elettrofilo anione cloruro per fornire il prodotto finale.
| |
La reazione di addizione mostrata a sinistra può essere considerata come ottenuta in due fasi. La prima fase può ancora essere considerata un equilibrio acido-base, con gli elettroni p del doppio legame carbonio-carbonio funzionante da base. Il risultante acido coniugato è un carbocatione, e questo elettrofilo si combina con il nucleofilo anione bromuro. | |
La reazione di eliminazione mostrata a sinistra si ottiene in una sola fase. Il legame che si rompe ed esegue operazioni che hanno luogo in questa fase sono descritte dalle frecce curvate. Lo stadio iniziale può essere considerato come un'interazione acido-base, con lo ione idrossido che serve da base ed un atomo d'idrogeno componente del cloruro di alchile che serve da acido. | |
Esistono molti tipi di riarrangiamenti molecolari. Gli esempi mostrati a sinistra sono appartenenti ad una importante classe chiamata tautomerizzazione o, più specificamente, tautomerizzazione cheto-enolica. I tautomeri sono isomeri costituzionali che s'interconvertono rapidamente, normalmente distinguibili dalla diversa posizione di un instabile atomo d'idrogeno (qui colorato in rosso) e dalla differente localizzazione del doppio legame. L'equilibrio tra tautomeri non solo è rapido sotto normali condizioni, ma spesso favorisce fortemente uno degli isomeri (l'acetone, ad esempio, è per il 99,999% tautomero chetonico). Anche in un tale equilibrio unilaterale, la prova della presenza del tautomero minore deriva dal comportamento chimico del composto. Gli equilibri tautomerici sono catalizzati dalla presenza di tracce di acidi o basi generalmente presenti nella maggioranza dei campioni chimici. |
Dal momento che molte reazioni ioniche procedono per interazione tra
elettrofili e nucleofili, è importante comprendere queste specie variano da
composto a composto, e come esse possono essere esaltate da catalizzatori
acidi o basici. Per approfondire ulteriormente questo argomento cliccare
qui.
Se il gas metano viene miscelato con il gas cloro ed esposto alla luce del sole, avviene una reazione esplosiva in cui i prodotti del metano clorurato sono ottenuti insieme all'acido cloridrico (cloruro d'idrogeno). Una equazione non bilanciata che illustra questa reazione è mostrata sotto; le relative quantità dei vari prodotti dipendono dalle proporzioni dei due reagenti utilizzati.
CH4 + Cl2 + energia | CH3Cl + CH2Cl2 + CHCl3 + CCl4 + HCl |
Come avviene questa reazione? Le reazioni in fase gassosa, come la
clorurazione del metano, non procedono normalmente attraverso intermedi
ionici. Forti prove indicano che radicali intermedi neutri, qualche volta
chiamati radicali liberi, giocano un ruolo in questa ed in molte altre
trasformazioni similari. Un radicale è una specie atomica o molecolare che
possiede un elettrone disaccoppiato, o spaiato. Alcuni radicali, come di
biossido di azoto (NO2) ed il monossido di azoto (NO) sono
relativamente stabili, ma la maggior parte di essi sono tanto reattivi che non
è possibile isolarli e studiarli a lungo termine sotto normali condizioni.
Un insieme di reazioni radicaliche denominate reazioni a catena possono
rendere conto di tutti i fatti osservati in questo processo.
La reazione è inizializzata dall'immissione di energia (calore o luce). Si rompe omoliticamente il debole legame cloro-cloro per dare atomi di cloro. | ||
In queste due reazioni, radicali intermedi estraggono un atomo da una delle molecole dei reagenti. Se un atomo di cloro estrae un idrogeno dal metano nella prima fase, il risultante radicale metilico estrae un atomo di cloro dalla molecola di cloro nella seconda fase, rigenerando un atomo di cloro. Questa è quindi una reazione a catena. | ||
In teoria una razione a catena dovrebbe continuare fin quando uno o entrambi i reagenti si siano consumati. In pratica, tali reazioni terminano prima del completamento e devono essere di nuovo inizializzate. Questo avviene ogni volta che due radicali intermedi s'incontrano e si combinano insieme per dare una molecola stabile, concludendo così la catena di reazioni. Dal momento che gli intermedi radicali sono estremamente reattivi e presenti in concentrazioni molto basse, la probabilità che due di tali intermedi collidano è piccola. Di conseguenza, l reazione a catena procederà attraverso molti cicli prima che ne avvenga la conclusione. | ||
Ulteriori informazioni circa i radicali liberi |
Energia di legame |
---|
Dal momento che le reazioni dei composti organici coinvolgono la formazione e
la rottura di legami, la forza di legame, o la loro resistenza alla rottura,
diventa un argomento importante. Per esempio, la clorurazione del metano,
discussa precedentemente, è indotta dalla rottura di un legame covalente Cl-Cl
relativamente debole.
L'energia di legame è l'energia richiesta per rompere omoliticamente (in
frammenti neutri) un legame covalente. Le enrgie di legame sono comunemente date
in unità di kcal/mole o di kJ/mole, e vengono generalmente denominate energie
di dissociazione di legame quando fornite per specifici legami, o energie
medie di legame quando riassumono un dato tipo di legame per vari tipi di
composti. Tavole delle energie di legame possono essere trovate in molti libri
di testo e manuali. La tavola seguente è una collezione delle energie medie di
legame per un varietà di legami comuni. A tali valori medi ci si riferisce
spesso con il termine di energie standard di legame, e sono qui fornite
in unità di kcal/mole.
L'unità di misura dell'energia nel S.I. è il joule, simbolo J. Per convertire le chilocalorie in chilojoule, moltiplicare le prime per 4,184. Un sito utile per la conversione di unità di misura può essere visitato cliccando qui.
Legami singoli |
ΔHº * |
Legami singoli |
ΔHº * |
Legami multipli |
ΔHº * |
||
---|---|---|---|---|---|---|---|
H–H |
104.2 |
B–F |
154 |
C=C |
146 |
||
C–C |
83 |
B–O |
123 |
N=N |
109 |
||
N–N |
38.4 |
C–N |
73 |
O=O |
119 |
||
O–O |
35 |
N–CO |
86 |
C=N |
147 |
||
F–F |
36.6 |
C–O |
85.5 |
C=O (CO2) |
192 |
||
Si–Si |
52 |
O–CO |
110 |
C=O (aldeide) |
177 |
||
P–P |
51 |
C–S |
65 |
C=O (chetone) |
178 |
||
S–S |
54 |
C–F |
116 |
C=O (estere) |
179 |
||
Cl–Cl |
58 |
C–Cl |
81 |
C=O (ammide) |
179 |
||
Br–Br |
46 |
C–Br |
68 |
C=O (alogenuro) |
177 |
||
I–I |
36. |
C–I |
51 |
C=S (CS2) |
138 |
||
H–C |
99 |
C–B |
94 |
N=O (HONO2) |
143 |
||
H–N |
93 |
C–Si |
83 |
P=O (POCl3) |
110 |
||
H–O |
111 |
C–P |
73 |
P=S (PSCl3) |
70 |
||
H–F |
135 |
N–O |
55 |
S=O (SO2) |
128 |
||
H–Cl |
103 |
S–O |
87 |
S=O (DMSO) |
93 |
||
H–Br |
87.5 |
Si–F |
132 |
P=P |
84 |
||
H–I |
71 |
Si–Cl |
86 |
P≡P |
117 |
||
H–B |
90 |
Si–O |
110 |
C≡O |
258 |
||
H–S |
81 |
P–Cl |
79 |
C≡C |
200 |
||
H–Si |
70 |
P–Br |
65 |
N≡N |
226 |
||
H–P |
77 |
P–O |
96 |
C≡N |
213 |
Si possono da questa tavola sottolineare alcune utili ed interessanti conclusioni. Primo, un legame singolo tra due dati atomi è più debole di un doppio legame, che è a sua volta più debole di un triplo legame. Secondo, l'idrogeno forma legami relativamente forti (da 90 a 110 kcal) con i comuni elementi che si trovano in composti organici (C, N e O). Terzo, con l'eccezione di carbonio e d ossigeno, i legami singoli tra atomi dello stesso elemento sono relativamente deboli (da 35 a 64 kcal). Invero, il fatto che il carbonio formi legami con sé stesso relativamente forti come pure con l'azoto, ossigeno ed idrogeno rappresenta un fattore primario che dà conto del numero molto grande del composti organici stabili.
Energetica |
---|
Le reazioni chimiche implicano la rottura e la formazione di alcuni legami (o anche tutti) che tengono insieme gli atomi delle molecole dei reagenti e dei prodotti. L'energia è richiesta per la rottura dei legami, e dal momento che la forza dei diversi tipi di legami differisce, spesso vi è una variazione globale di energia nel corso di una reazione. Nella combustione del metano, per esempio, tutti i sei legami delle molecole del reagente si rompono, e sei nuovi legami si formano nelle molecole del prodotto (equazione 1).
Reagenti | Prodotti |
La somma delle forze di legame dei prodotti è, in questo caso, più alta di quelle dei reagenti; di conseguenza, i prodotti sono energeticamente (o termodinamicamente) più stabili dei prodotti e perciò viene rilasciata energia sotto forma di calore. Tali reazioni sono chiamate esotermiche. E' utile pensare alle reazioni esotermiche come procedenti da uno stato a più alta energia del reagente (meno stabile) ad uno stato a più bassa energia del prodotto (più stabile), come mostrato dal diagramma a destra. Le reazioni, in cui i prodotti sono a più alta energia dei reagenti, richiedono una introduzione di energia per avviarsi, e sono chiamate endotermiche. La fotosintesi (equazione 2) è un esempio importante di processo endotermico. L'energia, sotto forma di fotoni (luce solare), accompagna la reazione, che richiede la clorofilla come catalizzatore.
Reagenti | Prodotti |
Il senso comune suggerisce che le molecole in cui i legami sono tutti forti saranno più stabili delle molecole aventi legami più deboli. Abbiamo precedentemente definito le energie di legame come l'energia richiesta per spezzare un legame in frammenti neutri (radicali o atomi). La somma di tutte le energie di legame di una molecola può quindi essere considerata la sua energia di atomizzazione, cioè l'energia richiesta per rompere completamente la molecola nei suoi atomi componenti. Se questo concetto è applicato ad un gruppo di isomeri, dovrebbe essere chiaro che tutti gli isomeri avranno lo stesso stato di atomizzazione, e che l'energia di legame totale sarà inversamente proporzionale all'energia potenziale degli isomeri. Quindi, quell'isomero avente la più elevata energia di legame totale avrà la più bassa energia potenziale di legame e sarà termodinamicamente il più stabile. Per riassumere, l'energia di legame è l'energia che deve essere fornita per rompere un legame, che non è una parte dell'energia potenziale della molecola.
I tre isomeri C6H12 sulla destra illustrano questa relazione. Il cicloesano è costituito da sei legami sigma C-C e di dodici legami sigma configurati in un anello a sei membri, libero da tensioni. L'isomero avente un doppio legame, l'1-esene, d'altra parte, ha quattro legami singoli C-C (tutti sigma) ed un doppio legame C-C (uno sigma ed uno p-greco). Dal momento che il legame p-greco è più debole di un legame sigma, il cicloesano ha un'energia totale più elevata (di quasi 20 kcal/mole) ed è termodinamicamente più stabile dell'1-esene. Il composto a quattro membri, l'etilciclobutano, ha gli stessi tipi di legami del cicloesano, ma essi sono indeboliti dalla tensione di anello in un grado tale che questo isomero è ancora meno stabile (termodinamicamente) dell'1-esene.
La natura dell'energia |
Dal momento che le reazioni esotermiche sono energeticamente (termodinamicamente) favorite, uno studente inesperto potrebbe giungere alla conclusione che tutte le reazioni di questo genere dovrebbero procedere spontaneamente alla formazione dei prodotti. Se questo fosse vero, nessuna forma di vita esisterebbe sulla terra, poiché i numerosi composti del carbonio che sono essenziali e presenti in tutti gli organismi viventi brucerebbero spontaneamente in presenza di ossigeno per dare biossido di carbonio, un composto del carbonio più stabile. La combustione del metano, (eq. 1), per esempio, non avviene spontaneamente, me richiede una energia per avviarsi nella forma di una scintilla o di una fiamma. Il difetto di questo ragionamento poco accurato sta nel fatto che noi abbiamo prestato attenzione solo agli stati iniziali (reagenti) e a quelli finali (prodotti) delle reazioni. Per comprendere il motivo per il quale alcune reazioni avvengono facilmente (quasi spontaneamente), mentre altre reazioni sono lente, perfino al punto da essere inosservabili, abbiamo bisogno di prendere in considerazione gli stadi intermedi delle reazioni.
Reazione esotermica in una fase | Reazione endotermica in una fase | Reazione esotermica in due fasi |
---|---|---|
Ogni reazione in cui si rompono legami avranno un'elevata energia dello stato
di transizione che deve essere raggiunto prima che si possano formare i
prodotti. Affinché i reagenti possano raggiungere questo stato di transizione,
deve essere fornita energia ed i reagenti stessi devono dirigersi verso uno
stato adatto. L'energia necessaria ai reagenti per raggiungere il livello
energetico dello stato di transizione è denominata energia di attivazione,
ΔE. Un esempio del profilo di una reazione
esotermica a singola fase è mostrata sopra a sinistra, ed un simile profilo per
una reazione endotermica a singola fase è al centro. L'energia di attivazione
è disegnata in rosso in entrambi i casi, e la variazione globale di energia (ΔE),
in verde.
Il profilo diventa più complesso quando si descrive il percorso di una reazione
a più fasi. Un esempio di reazione a due fasi che procede attraverso un
intermedio ad alta energia è mostrato sopra a destra. Qui vi sono due stati di
transizione, ognuna con la sua dovuta energia di attivazione. L'energia globale
di attivazione è la differenza in energia tra lo stato del reagente e lo stato
di transizione a più elevata energia. Vediamo ora perché la velocità di una
reazione non può essere correlato con la sua variazione globale di energia. Nel
diagramma di reazione esotermica a sinistra, deve essere fornita una
significativa energia di attivazione per avviare la reazione. Dal momento che la
reazione è fortemente esotermica, essa probabilmente genererà abbastanza
calore per per sostenere la reazione fino a quando i reagenti si saranno
consumati. La reazione endotermica al centro ha una simile energia di
attivazione, ma questa dovrà essere introdotta continuamente affinché la
reazione proceda a completamento.
Qual è la sorgente di energia di attivazione che permette ad una reazione di avvenire? Spesso essa è il calore, come sottolineato sopra in riferimento alla fiamma o alla scintilla che avvia la combustione del metano. A temperatura ambiente, per la precisione ad ogni temperatura sopra lo zero assoluto, le molecole di un composto hanno una energia totale che è una combinazione di energia traslazionale (cinetica), energie interne vibrazionali e rotazionali, come pure energie elettroniche e nucleari. La temperatura di un sistema è una misura dell'energia cinetica media di tutti gli atomi e molecole presenti nel sistema. Come mostrato nel diagramma seguente, l'energia cinetica media aumenta e la distribuzione delle energie si allarga quando la temperatura aumenta da T1 a T2. Parte di questa energia termica o cinetica fornisce l'energia di attivazione per molte reazioni, poiché la concentrazione delle molecole del reagente adeguatamente attivate aumenta con la temperatura, per esempio l'area arancione per T1 e l'area gialla più quella arancione per T2. (Notare che l'area sotto una curva o una parte di curva è proporzionale al numero di molecole rappresentate.)
Distribuzione dell'energia cinetica molecolare a due diverse temperature, T1 e T2 |
---|
La reattività è il cuore della chimica, e lo studio della velocità di reazione fornisce essenziali informazioni circa questo argomento. Alcune reazioni procedono così rapidamente da sembrare istantanee, mentre altre reazioni sono tanto lente da essere praticamente inosservabili. La maggior parte delle reazioni descritte in questo testo hanno luogo in un tempo tra 0,2 e 12 ore a 25 ºC. La temperatura è importante, dal momento che le reazioni più veloci possono essere rallentate o interrotte dal raffreddamento e quelle lente possono essere accelerate con il riscaldamento. Quando tra due specie reagenti avviene una reazione, essa procede più velocemente con più alte concentrazioni dei reagenti. Questi fatti conducono alla seguente analisi generale delle velocità di reazione.
Velocità di reazione = |
| |
| |
|
---|
Dal momento che le molecole reagenti devono collidere per interagire, e la
necessaria energia di attivazione deve provenire dall'energia cinetica delle
molecole che collidono, il primo fattore è ovvio. Il terzo fattore
(probabilità) comprende le esigenze della reazione. Per esempio, l'addizione
del bromo ad un doppio legame all'estremità di una catena a sei atomi di
carbonio (1-esene) avverrebbe solo se le molecole collidono insieme in un modo
tale da permettere alla molecola del bromo di interagire con gli elettroni p
del doppio legame.
La frequenza delle collisioni delle molecole dei reagenti sarà proporzionale
alla loro concentrazione nel sistema di reazione. Questo aspetto della velocità
di reazione può essere incorporato in una equazione cinetica, che può
assumere diverse forme dipendenti dal numero dei reagenti. Tre esempi generali
sono presentati nella tavola seguente.
Tipo di reazione | Equazione cinetica | Ordine di reazione |
---|---|---|
A ——> B | Velocità di reazione = k[A] | Reazione del primo ordine (non richiede collisioni) |
A + B ——> C + D | Velocità di reazione = k[A]*[B] | Reazione del secondo ordine |
A + A ——> D | Velocità di reazione = k[A]2 | Reazione del secondo ordine |
Queste velocità di reazione prendono la seguente forma: velocità di reazione = k[X] n[Y] m, dove la costante di proporzionalità k riflette le caratteristiche uniche di una specifica reazione, ed è chiamata costante cinetica (o di velocità). Le concentrazioni dei reagenti X ed Y sono rispettivamente [X] and [Y], ed n e m sono numeri esponenziali utilizzati per adattare l'equazione cinetica ai dati sperimentali. La somma di n + m è detta ordine cinetico di reazione. Il primo esempio è un semplice processo del primo ordine. I successivi due esempi sono reazioni del secondo ordine, poiché n + m = 2. L'ordine cinetico di una reazione è usualmente utilizzato per determinare la sua molecolarità.
Nello scrivere una equazione cinetica abbiamo separato il termine della frequenza di collisione dall'energia di attivazione e dai fattori di probabilità, necessariamente compresi nella costante cinetica k. Questo è illustrato dalla seguente equazione:
Il complesso parametro A comprende il fattore di probabilità. A causa della
relazione esponenziale di k con l'energia di attivazione, piccole variazioni di ΔE
causeranno variazioni relativamente ampie nella velocità di reazione. Un
incremento della temperatura attuerà chiaramente un aumento di k, ma di più
grande importanza è l'aumento dell'energia media cinetica molecolare che anche
produce un aumento di k. Questo è stato illustrato in un precedente
diagramma. Un aumento di temperatura da T1 a T2
accresce la porzione di molecole del reagente aventi energia uguale o
piùelevata dell'energia di attivazione (contrassegnata da una linea rossa).
Si può ora fare una distinzione importane tra stabilità termodinamica e
stabilità chimica. La stabilità termodinamica si
riferisce all'energia potenziale di un composto, ed è in relazione alle
energie di legame dei suoi atomi costituenti. La stabilità chimica si
riferisce alla resistenza di un composto a reagire chimicamente con una
varietà di reagenti, ed è in relazione alla barriera dell'energia di
attivazione che esso presenta di fronte a possibili variazioni chimiche. Un
confronto tra cicloeseno e benzene fornisce un buon esempio di questa
distinzione. Entrambi questi composti addizionano idrogeno in reazioni di
addizione isotermiche che danno come prodotto comune il cicloesano. Dalla
misura dei calori di idrogenazione troviamo che il cicloesene ha una energia
potenziale (P.E.) approssimativamente di 28,6 kcal/mole più alta del
cicloesano, mentre il benzene è di 48,9 kcal/mole al di sopra del cicloesano.
Questa relazione è illustrata sulla destra.
Possiamo concludere da queste misurazioni che entrambi il cicloesene ed il
benzene sono termodinamicamente meno stabili del cicloesano. Sappiamo,
tuttavia, che la reattività chimica di questi composti insaturi non riflette
questo ordine di stabilità. Il cicloesene reagisce rapidamente con il bromo,
come pure con il permanganato di potassio e l'acido solforico, mentre il
benzene è relativamente inerte a tutti e tre i reagenti (in assenza di
catalizzatori e/o calore). La reattività chimica del benzene è quindi minore
della reattività del cicloesene, e possiamo dire che il benzene è
chimicamente più stabile del cicloesene - almeno nei confronti dei reagenti
presi in considerazione qui.
Proprio come una catena non è più forte del suo anello più debole,
così una molecola può essere resa instabile da un legame debole. Osserviamo
ciò nel comportamento chimico dei perossidi
(R–O–O–R). Il legame O-O è meno della metà forte di un
legame C-C, ed i perossidi sono notoriamente instabili, decomponendosi
attraverso radicali alcossici (R–O·) con
lieve riscaldamento. La utile classificazione della reazioni organiche in gruppi funzionali è un ulteriore esempio di come i legami un poco suscettibili
in una molecola possono determinare la sua reattività chimica in generale.
Ritorno all'indice |
---|